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Perchè la Corte di Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza 15130/24 ha confermato che una gran parte dei mutui a rimborso graduale possono essere contestati

Contrariamente alle opinioni di alcuni studiosi di diritto, nonchè, ovviamente , alle tesi degli avvocati delle banche, a mio avviso la Sentenza delle Sezioni Unite sui mutui a rimborso graduale, lascia ampi spazi di contenzioso, avendo stabiito principi di diritto espliciti ma avendo anche dato indicazioni, alcune chiare altre da leggersi tra le righe che ad una visione attenta non mancheranno di stimolare le analisi dei giudici dei Tribunali di merito 

La corte di Cassazione a Sezioni Unite,  con la sentenza 15130/2024, ha affermato che “la determinatezza dell’oggetto del contratto” è da considerarsi riguardo al quantum degli interessi “che devono essere pattuiti sulla base di criteri oggettivi e insuscettibili di dare luogo a margini di incertezza, non sulla base di elementi indefiniti o rimessi alla discrezionalità di uno dei contraenti”.   La Cassazione ritiene, aderendo a questo suo dictum, che ciò accada nei “mutui a tasso fisso con piano di ammortamento allegato”, dove una semplice sommatoria (delle rate) consente di determinare l’oggetto del contratto di mutuo e segnatamente la sua obbligazione accessoria degli interessi. Nei mutui a tasso variabile ciò non è possibile, per la stessa natura di variabilità del parametro di tasso sottostante: pertanto, al fine di stabilire la determinabilità degli interessi oggetto del contratto, è necessario sottoscrivere il criterio di calcolo di quegli interessi. Nei mutui a tasso variabile il consenso è raccolto sul tasso applicato, sul numero di rate e sul capitale mutuato ma, stabilite e convenute queste tre variabili indipendenti, non ne discende univocamente il valore della rata e della obbligazione accessoria senza l’utilizzo e la convenzione di un algoritmo e dunque viene meno il criterio oggettivo senza margini di incertezza richiesto dalla Cassazione . Ad un determinato tasso di interesse deve corrispondere uno e soltanto un ammontare di interessi: definito questo, circostanza non soggetta a smentite, c’è una criticità allorquando , dato un tasso di interesse, se esso viene impiegato con l’algoritmo del regime semplice si perviene ad una determinata rata e dunque ad un ammontare di interessi, mentre se lo si impiega in regime composto si perviene ad una differente rata e ad una  maggiorata  quantità di interessi da pagare. Questa dicotomia, che porta uno stesso tasso ad esprimere una rata diversa, secondo i criteri di Cassazione 15130/24, conduce a concludere che la clausola interessi è indeterminata. La tesi della Cassazione è confermata e rafforzata dalla citazione che i consiglieri delle Sezioni Unite fanno della sentenza della Corte Europea di Giustizia  del 13/07/2023 n. C-265/22 che tra l’altro ribadisce “Una clausola contrattuale deve essere formulata in modo chiaro e comprensibile e, nel caso dei contratti di mutuo, gli istituti finanziari debbono fornire ai mutuatari informazioni sufficienti a consentire a questi ultimi di assumere le proprie decisioni con prudenza e in piena cognizione di causa. Il giudice nazionale, nel valutare le circostanze ricorrenti al momento della conclusione del contratto, deve verificare che sia stato comunicato al consumatore interessato il complesso degli elementi idonei a incidere sulla portata del suo impegno e che gli consentono di valutare quest'ultima, segnatamente, per quanto riguarda il costo totale del mutuo. Svolgono un ruolo determinante in siffatta valutazione, da un lato, la questione di accertare se le clausole siano formulate in modo chiaro e comprensibile tale da consentire a un consumatore medio, ossia un consumatore normalmente informato e ragionevolmente attento ed avveduto, di valutare un costo del genere e, d'altro lato, la menzione o la mancata menzione nel contratto di credito delle informazioni considerate come essenziali alla luce della natura dei beni o dei servizi che costituiscono l'oggetto del suddetto contratto".

Per l’altro capitolo della questione, ossia la presenza o meno dell’anatocismo negli interessi dei mutui,  la corte di Cassazione SU nella citata sentenza, ha statuito che “non potrebbe escludersi in astratto che l’operazione di finanziamento si realizzi mediante produzione di interessi su interessi per effetto della quale il tasso effettivo risulti maggiore di quello nominale e sfugga alla rilevazione del TAEG, ma tale evenienza sarebbe da affrontare caso per caso, nel quadro delle domande ed eccezioni delle parti, attraverso indagini contabili volte a verificare se nella singola fattispecie siano pretesi o siano stati pagati interessi superiori a quelli pattuiti” .  E’ proprio quello che accade nel mutuo: stabilito un TAN nel contratto, sviluppato, peraltro senza consenso, il tan in regime di capitalizzazione composta, sono stati prodotti interessi in misura ben maggiore di quanto convenuto, per la misura pari alla differenza tra la rata pagata alla banca con il regime composto e la rata in regime semplice alternativa alla stessa. Questa indagine, cui il mutuatario ha diritto caso per caso, necessita di adeguata istruttoria con ctu che verifichi le cifre e i dati prodotti contestati dal mutuatario.  Il punto centrale delle SS.UU n. 15340/24 sul tema è che, in caso di mutuo con piano di rimborso graduale a tasso fisso, dalla lettura combinata della chiara indicazione dell’importo erogato, della durata del prestito, della periodicità (numero e composizione) delle rate di rimborso con la loro ripartizione per quote di capitale e di interessi, del tasso espresso sia come TAN che come TAE ( Tasso Annuo Effettivo), nonché del piano di ammortamento allegato si determina correttamente il tasso di interesse e che non occorre quindi che il contratto determini necessariamente il regime di capitalizzazione ovvero la formula matematica di calcolo della rata.  La presenza (o l’assenza ) del TAE ( che riflette esclusivamente il costo effettivo con gli effetti ed i costi  della capitalizzazione composta ) diventa discriminante sulla nullità del contratto a tasso fisso, e necessaria anche nel mutuo a tasso variabile: e  il Tae, dice la sentenza, non è il Taeg, che potrebbe anche non comprendere i costi della capitalizzazione composta ( pag. 22/23 della sentenza).


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