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Volentieri pubblichiamo un articolo dell'avv. Giuseppe Piccione sul tema dei mutui con ammortamento alla francese

L'avvocato Giuseppe Piccione del Foro di Taranto fornisce un contributo al dibattito dottrinale sui mutui, in particolare sulla 

illegittima assenza di convenzione sulla modalità di calcolare la rata e dunque gli interessi sui mutui stessi. 

TRASPARENZA E “AMMORTAMENTO ALLA FRANCESE”

   Il 6 settembre scorso è stata rimessa alle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, su rinvio pregiudiziale ai sensi dell’art.363 bis c.p.c. chiesto dal Tribunale di Salerno, la questione di diritto mediaticamente definita “dell’ammortamento alla francese”. Il tema in esame è, in realtà, più complesso.

   Accade molto spesso che nei contratti di mutuo venga pattuito il tasso di interesse annuo nominale (T.A.N.) ma non sia indicato il regime finanziario di calcolo delle rate del rimborso mentre, poi, si allega un piano di ammortamento “alla francese” nel quale le rate sono calcolate secondo sistema di capitalizzazione composta, ben più gravoso per il mutuatario rispetto a quello della capitalizzazione semplice. Si pongono, allora, molteplici problemi.

   La previsione del regime finanziario di calcolo degli interessi è strutturale in quanto essa viene a determinare, insieme al tasso, il costo del denaro. Non è secondario, per un potenziale cliente, conoscere “come” dovrà rimborsare un mutuo e, in definitiva, a “quanto” ammonterà il prezzo che dovrà corrispondere alla banca mutuante.

    Va, poi, precisato che il codice civile, sub art.821 3° comma, prevede la regola basilare per la quale i frutti civili (interessi) si “acquistano giorno per giorno in ragione della durata del diritto”, cioè secondo capitalizzazione semplice. Vero è che tale regola è derogabile, ma ciò potrà avvenire solo con il consenso scritto del cliente. Non sarà possibile, quindi, formare un piano di ammortamento - strumento esecutivo e non deliberativo all'interno del contratto - in capitalizzazione composta senza che nel mutuo sia espressamente convenuta la deroga al “regime legale” della capitalizzazione semplice. Peraltro, ove si dovesse attribuire al piano di ammortamento valore negoziale e non meramente esecutivo, esso entrerebbe in conflitto con la clausola contrattuale determinativa degli interessi che, non contenendo deroga alcuna alla norma di cui all'art.821 3° comma c.c., andrebbe intesa secondo regime finanziario di capitalizzazione semplice. La contraddizione produrrebbe indeterminabilità del contratto a norma dell'art.1346 c.c.

   Cosa decideranno le Sezioni Unite?

   La norma chiave sulla quale si dovrà riflettere è quella di cui all'art.117 4° comma del Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/93), che così recita: “I contratti indicano il tasso d'interesse e ogni altro prezzo e condizione praticati ...”. Tale norma si coniuga con quella di cui al 1° comma, che impone la forma scritta dei contratti bancari e ciò a pena di nullità secondo la previsione del 3° comma. Entrambe le norme traducono l'obiettivo che il Legislatore si proponeva con la grande riforma del diritto bancario agli inizi degli anno novanta: quello della trasparenza. Orbene, la violazione della norma di cui al 4° comma dell'art.117 T.U.B. è espressamente sanzionata, a norma del successivo 7° comma, con un meccanismo di sostituzione legale, ossia con l'applicazione dei tassi minimi “dei buoni ordinari del tesoro annuali o di altri titoli similari”, naturalmente (non potrebbe essere diversamente) declinati secondo capitalizzazione semplice.

   Non ci dovrebbero essere dubbi, quindi, a mio parere, che nel tema che ci occupa si sia di fronte ad  una nullità del complessivo regolamento degli interessi (che investe, inscindibilmente, il tasso e le condizioni del loro pagamento). Il “valore della trasparenza” nell'ambito dei contratti bancari è fondante e di rango imperativo così che la sua violazione implica, appunto, la nullità del contratto per contrarietà a norme imperative ai sensi dell'art.1418 1° comma c.c. Si tratta di nullità parziale del contratto, a norma dell'art.1419 c.c., con la conseguenza che, per il 2° comma, la clausola nulla (regolamento degli interessi) viene sostituita di diritto da norme imperative. Siffatta norma si salda con quella, sopra citata, di cui all'art.117 7° comma T.U.B. e chiude, a mio avviso, il discorso. Qualora, infatti, si dovesse pur dubitare del carattere imperativo delle norme in esame, resterebbe, comunque, l'evidenza della specifica sanzione comminata dall'art.117 6° comma T.U.B., alla quale non ci si può non attenere.

   In conclusione, ove un contratto di mutuo non contenga una clausola sugli interessi che preveda non solo il tasso, ma anche il regime finanziario di calcolo delle rate, il regolamento sul costo del finanziamento sarà nullo e andrà sostituito, a norma dell'art.117 7° comma T.U.B., con la previsione del tasso minimo bot calcolato in piano di rimborso secondo regime di capitalizzazione semplice.

   Giuseppe Piccione


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