Semplifichiamo ed esemplifichiamo la problematica delle rate dei mutui, al fine di renderla fruibile al maggior numero di utenti

Chi intende acquistare una casa e non ha tutta la disponibilità finanziaria, si rivolge ad uno sportello bancario e, in prima battuta, chiede all’operatore dello sportello il TASSO di interesse che verrebbe applicato al mutuo, e quale rata corrisponda a quel tasso, dando per scontato che a QUEL tasso corrisponda QUELLA e soltanto quella rata. Se quella banca A propone il tasso del 5% per un mutuo a 15 anni, il cliente, sulla base delle sue (in genere) elementari conoscenze, giudica se quel tasso è in linea con le sue aspettative. Se non lo è prova a chiedere (in un mercato, quello del credito, caratterizzato da forti connotazioni oligopolistiche) in una banca B la stessa informazione e li, trova l’offerta di un tasso pari al 4,50%. Quello che il mutuatario negozia in banca è il tasso di interesse, dando per scontato che a quel tasso, a quel capitale richiesto (100.000,00) e a quel numero di rate (180, 15 anni) corrisponda una e soltanto una rata, nello specifico pari ad euro 790,79. Nella banca B, a parità di capitale (100.000,00) e numero di rate 180, al tasso del 4,50% gli avrebbero comunicato la rata di euro 764,99: ovviamente il mutuatario avrebbe scelto di contrarre il mutuo nella banca B, laddove avrebbe ottenuto una rata inferiore.
Tutto questo da decenni rappresenta una mistificazione, un vero e proprio raggiro ai danni del sistema economico: come il fenomeno dell’anatocismo sui conti correnti che ha drenato per decenni risorse all’economia a favore delle banche (fino alla soluzione legislativa del problema nel 2016), così la problematica insita nei mutui a rimborso graduale (tipicamente i mutui ipotecari, ma anche tutti i piccoli prestiti personali al consumo) determina una grave sottrazione di risorse.
Il mutuatario, come dicevo sopra, è stato “educato” a negoziare solo il tasso di interesse, è stato “convinto” dal sistema che ad un tasso di interesse corrisponde una e solo una rata: ma NON è così. Dato un tasso di interesse (5%), un numero di rate (180), un capitale preso a prestito ( 100.000,00) , la matematica finanziaria offre DUE soluzioni alternative, due possibili rate che, teoricamente dovrebbero essere oggetto di negoziazione con l’istituto bancario: infatti con la formula algebrica del regime finanziario composto, la rata corrisponde ad euro 790, 79, ma con la formula algebrica del regime finanziario semplice, esita una rata di euro 708,14 con una differenza per singola rata di euro 82,65 che, rapportata all’intero periodo dei 15 anni, sarebbe pari ad un risparmio di euro 14.877,00 : ben si comprende, ritengo, la dimensione del problema.
Perché al cliente che si reca in banca a chiedere il prestito, la banca, oltre a comunicare il tasso di interesse e le altre spese connesse al mutuo (commissioni, spese perizia e notaio) non chiede al cliente: desideri che applichiamo al mutuo la rata calcolata con il regime semplice o la rata calcolata con il regime composto?
L’impegno di un nucleo di avvocati e studiosi sta lavorando alacremente per abbattere questo sopruso: il problema è stato sollevato al più alto livello della interpretazione della legislazione, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite che a breve dovrebbe risolvere la questione ( come già accadde con l’abrogazione dell’anatocismo sui conti correnti).