Come evitare la vendita all’asta di un immobile?

Come evitare la vendita all’asta di un immobile?

Da notizie di stampa in questi giorni emerge una triste realtà: ci sono attualmente circa 400.000,00 immobili interessati da vendita all’asta … quattrocentomila famiglie (prevalentemente) o imprese il cui immobile (casa di abitazione o locale commerciale-industriale) verrà venduto all’asta al migliore offerente per soddisfare i creditori, segnatamente le banche. In molti casi, quando non è in qualche modo strategica, è una realtà drammatica che segna in modo doloroso il destino e la vita di molte famiglie ed imprese. L’uomo identifica in genere la stabilità della propria vita e la serenità del proprio futuro con la proprietà di una casa; l’impresa punta a rafforzare il patrimonio con la titolarità di un immobile. Quando non si riesce ad onorare un debito con la banca, soprattutto i mutui ipotecari, ma non solo, accade che il creditore agisca per escutere la garanzia reale, l’ipoteca, ottenuta in sede di concessione del mutuo e, utilizzando le procedure previste dalla legge, ponga in vendita all’asta l’immobile.

Nei casi più dolorosi questo vuol dire privare la famiglia di un tetto e l’impresa di un posto dove esercitare la propria attività: come si potrebbe, esperite inutilmente tutte le altre azioni a difesa (che pure sussistono: illegittima applicazione di interessi sul debito, assenza di titolarità ad agire da parte del cessionario, nullità delle garanzie personali), trovare un espediente al fine di mitigare o eliminare del tutto queste gravi e definitive conseguenze?

Vengono in mente un paio di percorsi. Del primo ne abbiamo già parlato in altri articoli del blog, e sappiamo per certo che ben due disegni di legge, più o meno simili, sono in discussione presso la commissione finanze della Camera dei deputati: il riscatto dal cessionario del credito in sofferenza da parte dello stesso debitore. Poiché la banca ha ceduto ad un prezzo ben inferiore al nominale il debito ad una società ad hoc di recupero crediti, si potrebbe concedere al debitore originario la possibilità di riacquistare il debito dalla cessionaria al prezzo di vendita più un 20/30%, si da poter onorare il suo debito e mantenere la proprietà dell’immobile di proprietà.

In secondo luogo si potrebbe pensare ad una soluzione di questo tipo: l’immobile, anziché essere venduto all’asta, potrebbe essere ceduto ad un soggetto ad hoc, pubblico, privato o misto, con l’obbligo però per quest’ultomo di tenerlo locato al proprietario originario che, a quel punto, ne avrebbe perduto sì la proprietà, ma almeno ne manterrebbe l’utilizzo pagando un congruo canone.  Si è già fatto cenno su questa possibile via di uscita in qualche studio, è opportuno approfondirla e sottoporla ai canali di proposta legislativa.  Si chiama “cartolarizzazione sociale”: uno strumento utile per tutte le parti in causa. Con la cartolarizzazione sociale il debitore non perderebbe la sua abitazione ma può chiedere il trasferimento del suo immobile posto a garanzia del debito ad una società immobiliare e la sua concessione in locazione. Le aste non risolvono la situazione: hanno una durata lunga, costi di procedura molto alti, il prezzo di vendita si riduce anche oltre il 50% rispetto al suo valore reale, impedendo in molti casi il recupero integrale, il debitore perde la proprietà.

Auspichiamo che una delle due strade possa essere messa a disposizione in questa fase temporale per attutire l’angoscioso problema delle vendite all’asta.

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